Acqua & Co: Armi di speculazione di massa

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Quanto costa il riso? Nelle nostre città basta andare in un supermercato e guardare il prezzo riportato sullo scaffale. Ma come si stabilisce quel prezzo? 
Esiste la borsa  merci per determinare il costo del riso, così come è per il grano, per il mais, per il frumento, per molti altri beni di prima necessità.
Si può investire nel riso, come si investe nelle azioni di Apple o della Fiat, attraverso  ETF e Futures. 

Il prezzo dei beni di prima necessità non è così volatile come avviene nel listino azionario classico, in quanto viene stabilito con cadenza settimanale, ma si può speculare su Riso, Grano e Mais, come si fa con le azioni di una S.p.A. 

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Anche se il prezzo dei generi alimentari sta mediamente diminuendo in questi ultimi anni, la speculazione su beni di prima necessità ha conseguenze devastanti sulla società. In prima istanza su quella del terzo mondo, dove la semplice variazione improvvisa del prezzo, anche se poi ritorna a valori coerenti con le capacità di acquisto della popolazione, può portare alla fame milioni di persone. Bene di prima necessità è certamente il cibo, ma anche tutte le materie prime che possono reggere l'economia di uno stato: petrolio, oro, metelli rari e non. 

Questa situazione di incertezza crea instabilità, rivolte, guerra e di conseguenza anche lo spostamento di grandi masse di persone verso i paesi più sviluppati. 

Rifugiati, migrazioni, muri. Tutti effetti anche di questa nuova arma che è la speculazione di massa.

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Nei paesi poveri un bene che sta diventando sempre più prezioso non è solo il cibo, ma anche l'acqua. 

L'acqua è vita. Necessaria per sopravvivere. Necessaria all'agricoltura e all'allevamento per produrre cibo. Ben 263 dei grandi bacini fluviali nel mondo sono condivisi tra più stati. 59 di questi fiumi si trovano in Africa. Per controllare la sostanza più diffusa sul nostro pianeta esiste l'levato rischio che possano nascere nuovi conflitti. La tensione per il controllo delle fonti idriche è alta già in diversi parti del mondo: nell'Africa nord-occidentale; tra Sudafrica e Botswana; tra i sette paesi attraversati dal Nilo; Nel Medio Oriente, dalla Palestina alla Turchia fino all'Iraq e l'Iran; nelle ex repubbliche sovietiche di Kazakhstan, Kyrgyzstan e Uzbekistan; tra India e Bangladesh; in Sud America, tra Ecuador e Perù. 
Con dimensioni decisamente ridotte la questione dell'acqua riguarda anche il nostro paese. 
Nel 2011 si votò in Italia il referendum per l'abrogazione della modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Il referendum si riferiva alla norma che consentiva di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a soggetti privati, prevedendola come modalità preferenziale e permettendo solo in situazioni del tutto eccezionali la gestione diretta all'amministrazione pubblica. 

Il referendum venne associato principalmente alla gestione dell'acqua, considerata bene pubblico non affidabile a soggetti privati. Il risultato della consultazione non lasciò dubbi: votarono circa il 55% degli aventi diritto (quorum raggiunto) con oltre il 95% di SI. L'Italia indicò che l'acqua doveva essere gestita dall'amministrazione pubblica.

Italiani hanno detto si all'acqua pubblica | Società e relazioni

Dopo cinque anni l'argomento è di assoluta attualità. Poche settimane fa si è innescata una pesante polemica per gli insulti lanciati dal web alla deputata che ha dichiarato che "L’acqua pubblica che arriva nelle nostre case non può essere considerata un bene pubblico ma proprio perché l’acqua non è un bene non escludibile. Per arrivare nelle nostre case abbiamo acquedotto, condutture, ...". Sono dell'idea che l'insulto è assolutamente deprecabile e condannabile. Il dissentire e attaccare, in modo anche forte, opinioni che non si condividono, no. Fa parte del normale dibattito pubblico, sempre nei limiti del buon senso e della buona educazione.
Nelle province di Roma e Frosinone,  come in altre aree del Lazio, Toscana, Umbria e Campania, la gestione del servizio idrico è affidato ad ACEA SPA. L'azienda dichiara sul suo sito di essere il primo operatore italiano nel settore idrico con 8,5 milioni di abitanti serviti. In condizioni praticamente di monopolio. Se vuoi l'acqua in quelle aree la prendi da ACEA o niente. E questo servizio essenziale lo gestisce una società quotata in borsa. E' vero, il suo principale azionista è il comune di Roma (51% delle azioni, dati dal bilancio 2015), ma visto come funziona il pubblico, si potrebbe sospettare che il controllo sia lasciato ai partner privati. Partner che sono Caltagirone (circa il 16% da bilancio 2015) e Suez (12,5%, oggi Engie, colosso francese dell'energia). 

ACEA gestisce l'acqua come bene pubblico di prima necessità, come gli italiani avrebbero stabilito con l'esito dei referendum del 2011? 

Ecco come il loro custom care fa caring sui propri clienti. Che poi clienti non dovrebbero essere, ma utenti di un servizio pubblico.

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E' un sollecito per un ritardo di pagamento. Non si sono accorti che il ritardo era di soli 6 giorni per una fattura trimestrale e hanno inviato una raccomandata a/r, quindi con un costo per l'ente (che forse avrebbe fatto bene ad attendere qualche giorno prima dell'invio). Chi paga questo spreco? comunque l'utente che si vede di anno in anno aumentare le tariffe. Dal 2014 al 2015 l'acqua è aumentata mediamente dell'8,8%. Nello stesso anno lo stato, quindi noi con le nostre tasse, non gli enti che gestiscono il servizio idrico,  ha speso 3,2 miliardi di euro per l'ammodernamento di acquedotti, condutture, fognature, depuratori. Ciò che però mi ha maggiormente meravigliato è lo stile con cui viene scritta questa lettera. ACEA. Non si riferisce in maniera gentile al proprio cliente / utente / comproprietario effettivo del bene che gli rivende. No. 

ACEA, si autodefinisce SPETTABILE ENTE.

Pare di trovarsi di fronte ad antica nobiltà di medioevale memoria che si rivolge ai propri sudditi :-) .
Quando l'acqua era gestita esclusivamente dalla cosa pubblica, non era possibile, per motivi sanitari, interrompere il servizio all'utente moroso. Il tribunale di Brescia, con una sentenza del 2014, ha stabilito che neanche l'amministrazione di un condominio può staccare l'acqua a un condomino moroso, anche quando il servizio di approvvigionamento idrico sia un'utenza condivisa. Il motivo è semplice: non si tutela solo la salute del cittadino moroso, ma di tutta la società. Molte malattie causate dall'impossibilità di disporre dell'acqua, come il tifo e altre infezioni, sono infatti contagiose.
Il gestore invece, può farlo. Basta una semplice lettera di preavviso come quella riportata sopra in cui ACEA si definisce "spettabile ente". Non solo. Il TAR del Lazio ha stabilito che neanche il comune, o altro ente pubblico, può, con un'ordinanza, imporre alla società che gestisce la distribuzione dell'acqua di interrompere la sospensione, benché l'acqua sia un bene pubblico e il gestore abbia solo una concessione per la sua distribuzione (l'acqua che distribuisce non è sua, così come la stessa rete di distribuzione). Questo nonostante ACEA ATO non abbia mai creato il fondo di solidarietà, previsto per legge e obbligatorio per fruire della concessione della gestione dell'acqua, per garantire l'erogazione del servizio anche agli utenti indigenti.

Alcuni hanno solo diritti, alcune grandi aziende che fanno l'interesse non si sa di chi, altri, le persone, solo doveri.

D'altronde un'azienda ragiona con le logiche del profitto e non con quelle del bene comune. Ancora una volta l'economia vince sull'uomo.
Noblesse oblige, ma non sempre. Anzi sempre più raramente.

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